ESCE LA VITA E' TROPPO BELLA ASSAI '? " PREQUEL DI BENIGNI SUL GENOCIDIO DEGLI INDIANI D'AMERICA "
CITTA’ DEL MESSICO – E’ stato talmente spettacolare e strappalacrime che Benigni
ha deciso di fare un film pure su questo massacro. Tutto pronto,
infatti, per l’inizio delle riprese del prossimo film dell’artista
toscano, che sarà una sorta di prequel de ‘La vita è bella’. Al centro dell’attenzione del grande regista magro, il più grande genocidio della storia, quello dei nativi americani - sempre nell’ottica della forza dell’amore e dell’ottimismo.
Il Maestro ha anticipato a grandi linee la trama de ‘La vita è troppo bella assai’: il
film avrà per protagonista la tipica famiglia azteca, con il padre
allegro e giocherellone (lo stesso Benigni), la madre affetta da paresi
facciale (la specialista Nicoletta Braschi) e un solo
figlio. Nei vari flashback apprenderemo che il protagonista ha
conquistato la sua “principessa” non solo con monili d’oro massiccio ma
soprattutto con un corteggiamento audace e buffo, in cui ha umiliato
ripetutamente il rivale, un soldato spagnolo, addirittura presentandosi
alla sua bella su un cavallo rubato proprio ai conquistadores.
Dopo alcuni anni di permanenza nelle Americhe, gli invasori spagnoli
rastrellano gli uomini e li rinchiudono in campi di lavoro, dove
finiranno anche il protagonista e il figlio. Stranamente, il bambino
riesce a superare indenne la prigionia, un po’ grazie all’astuzia del
padre – che sfrutta l’amicizia con un cerusico spagnolo per nascondere
al piccolo l’orrore della loro reale situazione -, un po’ grazie a una
sceneggiatura alla cazzo.
Il protagonista, infatti, intenzionato a non traumatizzarlo, fa
credere al bambino (che non è proprio una cima) che tutto sia un gioco e
che la posta in palio sia un galeone. Il figlioletto quindi vive
l’esperienza con la stolidità di un concorrente di reality,
ignorando la fine del padre – giustiziato mentre fa il buffone – e
riuscendo a uscire dal campo di lavoro a bordo di un galeone
statunitense che si schianta contro un altopiano e lo scaraventa in
braccio alla mamma al grido di “Abbiamo vinto!”.
Benigni ci racconta, eccitato e sudatissimo, la scena finale, con il
bambino sul galeone insieme ai marines che distribuiscono cioccolato
agli aztechi, i quali commossi e grati mangiano quel cibo sconosciuto
che gli comporterà letali orrori intestinali. Sullo sfondo la scoperta
dell’America e la sempre crescente tensione dovuta all’avidità degli
invasori spagnoli: gli aztechi vengono decimati da malattie, violenze e
lavoro massacrante.
Storditi dalle incongruenze storiche, chiediamo a Benigni se il suo
film sia anche una critica all’evangelizzazione forzata, ma il regista
nega: “Assolutamente no, anzi il cristianesimo sarà la fonte della forza
d’animo del popolo azteco oppresso. Pensate, in 4 secoli di dominio si
contano circa 500mila miliardi di nativi massacrati, più dei versi della
Divina Commedia! Il più grande genocidio della storia, una cosa
straordinaria! E come hanno superato tutto questo i superstiti? Con la
forza della fede, pensate che poi da questa invasione è nato anche papa
Francesco, una cosa stupenda, io proprio lo amo papa Francesco!”.
Invitiamo Benigni a tornare al film e alla colonizzazione delle
Americhe, ed è un tripudio di patriottismo – del resto, tutti adorano
l’Italia finché non ci mettono piede: “Pensate Cristoforo Colombo,
CRISTOFORO COLOMBO, un italiano, nato a GENOVA, IN ITALIA, è all’origine
di tutto questo! Pensate all’immensità di quest’uomo che poi la storia
non dimenticherà più per il bene che ha fatto all’umanità. Io me lo
sogno spesso, io ci faccio all’amore con Cristoforo Colombo, voi non
potete sapere quanto lo amo, pensate, senza di lui l’America sarebbe un
deserto, perciò si chiama America proprio in suo onore perché… ehm…”.
Ma, obiettiamo, se Cristoforo Colombo ha scoperto l’America, com’è che
era già popolata?
Il vulcanico artista inizia a parlarci di gioia, ottimismo,
ribollita, topa, vangelo, storie di Vergaio, quindi ci permettiamo di
interromperlo per un’ultima domanda: si augura di vincere un altro
Oscar? La risposta è una recita dei primi ventotto milioni di versi
della Divina Commedia, che noi, ovviamente, non ascoltiamo per intero
perché a un certo punto, per quanto bella possa essere, avvertiamo
distintamente la frantumazione dei coglioni.
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