CROLLO DI ADESIONI::: "IL KU KLUX KALAN APRE AD ALTRE ETINIE"
USA – Butch Mandelasson è una di quelle presenze rassicuranti con cui
passeresti volentieri una domenica con una birra in mano, a cuocere
carne sul barbecue. Certo, se non sei un negro. Perché Butch è niente
meno che il presidente della più prestigiosa sezione del Ku Klux Klan
di tutti gli Stati Uniti, quella di Polaski, in Tennessee, dove il
movimento nacque nel 1865, mutuando il nome dalla parola greca κύκiλος (“kukilos”), cioè “la cerchia di quelli con l’uccello piccolo”.
“Noi del Klan non abbiamo mai fatto differenze di casta, ceto o
religione”, mi racconta Butch, “Non importava se tu fossi un assassino
battista o un rapinatore presbiteriano, un usuraio metodista o un
banchiere pentecostale: sotto i nostri cappucci eravamo tutti uguali,
tutti impegnati a difendere i puri valori democratici e le libertà
sacrosante che hanno reso grande l’America, come quella di prendere un
negro, immergerlo nella pece e cospargerlo di piume, dopo averlo
fustigato per bene”.
Ma i tempi sono cambiati, i giovani ragazzi bianchi si mettono a
suonare blues e jazz e a cantare il rap, vanno a vedere i film con Vin
Diesel e Denzel Washington, qualcuno di loro addirittura si masturba
sulle foto di Rihanna e Beyoncé (e qualcuno anche su quelle di Vin
Diesel e Denzel Washington) e per Butch è diventato difficile riuscire a
mettere insieme un cospicuo manipolo di minacciosi incappucciati per
dare vita a una spedizione punitiva: “Una sera ci siamo spinti in
periferia. Alla partenza eravamo già solo una cinquantina, man mano che
entravamo nei quartieri negri rimanevamo sempre meno e giunti a
destinazione ci siamo contati, eravamo in 8. Prima che ci circondassero
abbiamo finto di esserci sbagliati e di credere che fosse Halloween; era
giugno, non l’hanno bevuta. Non c’è più la vocazione, ecco il
problema”.
A nulla è servito allargare la partecipazione anche alle donne: “Un
disastro”, commenta il vicepresidente Skip Mobutusson, ” si arrivava ai
linciaggi sempre in ritardo, quando ormai il negretto era bell’e
scappato. Avevi un bel dire alle signore che non serviva a niente
truccarsi se tanto poi ci si copriva il volto, ma quelle non sentivano
ragioni. Per tacere di tutti quei cappucci a fiori che volevano farci
indossare. Una volta un muso nero non abbiamo fatto in tempo a
linciarlo: era schiattato prima dalle risate”.
Occorreva dunque nuova linfa per il KKK per cui, non senza accese
discussioni, si è deciso di accettare anche iscrizioni da parte di
componenti di altre etnie. Il primo è stato il portoricano Rico
Gonzales: “Non mi sembrava vero. Potevo andare anch’io in giro a
linciare qualcuno: finalmente potevo sentirmi un vero americano!” Poi è
stata la volta di nuovi adepti di origine asiatica, nord-africana e,
dopo qualche resistenza, anche medio-orientale. “Bisogna mettere da
parte l’odio che ci divide, la guerra in Iraq l’abbiamo vinta da almeno
10 anni, no?”, commenta Mandelasson.
L’iniziativa ha avuto un tale successo che il movimento non esclude per
il futuro l’ammissione di adepti afro-americani: “Un negro nel Klan, che
ci sarebbe di strano?”, chiosa Butch, “Abbiamo perfino un presidente
negro. Noi guardiamo sempre avanti, è questa la nostra forza, la forza
dell’America!”