E' MORTO ALFREDO VIGOGNA IL POETA CHE SCRISSE! "DIO C'E' SUI CARTELLI"
Cuba – Si è spento ieri, all’età di 80 anni, Alfredo
Vigogna, l’ultimo rappresentante dell’ermetismo a parete italiano. Molto
conosciuto nei circoli letterali (prima) ed in quelli di Texas Hold’Em
(poi), è sempre stato molto schivo nei confronti dei mezzi
d’informazione quali radio, giornali e tv, arrivando persino a scappare
alla vista dei fotografi (perchè, a suo dire, i flash dei
paparazzi avevano il potere di rubargli l’anima). Cattivo, sensuale,
anticonformista dal perenne giramento di cazzo, queste le doti che hanno
fatto del Vigogna uno dei massimi rappresentanti della poesia ‘ermetica
a muro’ del novecento. Il suo è stato un contributo di fondamentale
innovazione non solo per questa specifica corrente letteraria ma per
tutta la lingua italiana. Infatti, mentre nei poeti ermetici classici
le composizioni avevano funzione di protesta contro il fascismo e la
censura dittatoriale in genere, riducendo l’uso superfluo di parole fino
quasi ad una “risemantizzazione”, nel Vigogna la brevità delle poesie è
causata dal bisogno dell’artista che, in costante rischio di farsi
beccare dai carabinieri, preferisce tirar via freghi sui muri
rapidamente per poi andare di corsa a farsi un buon Pernod 45 con gli
amici dell’ippodromo.
Fin dalle sue prime opere si evince una metrica ridotta all’osso,
talvolta ancor più che negli altri ermetici, ma con senso sempre oscuro e
talvolta di difficile comprensione, anche se si riesce ugualmente a
comprendere come il modo di affrontare le tematiche dai suoi
versi divenga via via più cinico con l’avanzare dell’età. Mentre la
prima “poesia a muro” tratta di temi amorosi intrisi di gioia e passione
(Patrizia bona - muro di via Chiusano del
cortile di Patrizia; ottobre 1949) già dalla seconda si è in presenza di
una disillusione pessimistica verso i rapporti umani (Patrizia troia - muro
di via Chiusano del cortile di Patrizia; ottobre 1950). Il culmine
della sua opera si raggiunge senza ombra di dubbio con la celebre W la figa (muro del sottopasso di via Mannucci; estate 1956) dedicata all’amica Consuelo “in memoria di una scopata da urlo”. Il Vigogna non ha paura di smuovere la coscienza del lettore di muri, spiazzandolo e portandolo verso una velata autocritica (Scemo chi legge - muro di via Giacobetti dietro all’albero dove portano a pisciare i cani; maggio 1974).
Come l’autore stesso afferma nella prefazione alla sua opera omnia Levalo Prima (edizioni
Paoline, 2006) gran parte dell’odio represso, causa delle sue vergate
sui muri, deriva dalla brutta infanzia. Alfredo Vigogna nacque il 22
Dicembre del 1933 a Campogalliano dall’amore clandestino fra Marzia
Vigogna, una commessa della mesticheria “Er Truciolo”, e da Dieter
Laser, un ex ufficiale delle SS con problemi intestinali, cacciato dal
corpo tedesco perchè monotesticolo. Non ebbe una vita facile. Cresciuto
in estrema povertà, si avvicinò alla letteratura grazie alle
riviste nelle sale d’aspetto dei bordelli, dove il padre lo parcheggiava
mentre “andava a svuotarselo”. Per mezzo del conflitto con
Dieter nacque l’arte che tutti quanti abbiamo imparato ad apprezzare.
Solo nei primi anni ’80 il cinismo del Vigogna andrà scemando verso un
periodo di solitudine e profondo misticismo, con opere rivolte
sopratutto a quello che pare, all’occhio dei critici, una sorta di
disperato autoconvincimento (Dio c’è - via Savona sul cartello del senso unico; aprile 1982).
Solo e senza un amico, Alfredo Vigogna si è autoesiliato con le sue
bombolette spray verso Cuba nel lontano 1996, costringendo l’Italia a
perdere uno degli autori più profondi del secolo scorso. Ora, dopo la
morte, la sua arte andrà avanti grazie a giovani poeti che vagano per le
periferie della penisola scrivendo versi ed in cerca di un successo
che, come ha dimostrato Alfredo, si paga a caro prezzo. Per i fan che lo
hanno amato non resterà altro da fare che partire alla volta di Cuba
per far visita alla sua lapide, dove il geniale autore ha lasciato
scritto con lo spray il suo epitaffio
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